
ll mio viaggio nella fotografia è iniziato molto prima che potessi davvero comprenderne il significato. Da bambino, non sapevo cosa fosse un diaframma, né conoscevo le regole della composizione o il potere della luce. Ma già allora, qualcosa dentro di me si accendeva ogni volta che stringevo tra le mani quelle piccole macchine fotografiche giocattolo che le mie zie mi regalavano durante i viaggi. Erano oggetti semplici, venduti sulle bancarelle dei mercatini locali, spesso colorati, leggeri, quasi fragili. Eppure, per me erano porte magiche.
Ricordo nitidamente la sensazione di guardare attraverso quel minuscolo obiettivo, premere il pulsante e vedere apparire, come per incanto, una serie di diapositive in miniatura: scorci di città, paesaggi lontani, monumenti illuminati dal sole, scene di vita quotidiana catturate in un istante. Era come se, in quel piccolo quadratino, si aprisse un mondo intero. Anche una volta tornato a casa, bastava uno sguardo per ritrovarmi lì, in quel luogo visitato, con il vento tra i capelli e il profumo dell’aria che sembrava tornare a galla dalla memoria.
Quella sensazione di poter viaggiare con la mente, di rivivere emozioni attraverso un’immagine, mi ha sempre affascinato. La fotografia, per me, non è mai stata solo tecnica o estetica. È stata, fin da subito, un modo per sentire, per ricordare, per sognare. Era come se ogni scatto potesse contenere un frammento di tempo, un battito del cuore, un respiro sospeso.

Crescendo, quella passione non si è affievolita. Al contrario, ha preso forma, si è evoluta, ha trovato nuovi strumenti per esprimersi. Ho iniziato a guardare dentro un vero obiettivo, non più per osservare le immagini scattate da altri, ma per cercare il mio punto di vista, il mio modo di vedere il mondo. Ogni volta che sollevo la macchina fotografica e inquadro una scena, sento come se stessi cercando qualcosa di invisibile: un’emozione nascosta, un dettaglio che parla, un istante che merita di essere custodito.

La fotografia è diventata il mio linguaggio silenzioso. Non sempre riesco a dire ciò che provo con le parole, ma attraverso un’immagine posso raccontare storie, trasmettere sensazioni, condividere attimi che altrimenti svanirebbero. È una forma di ascolto, di attenzione, di presenza. È il mio modo di essere nel mondo, di dialogare con ciò che mi circonda.
Ogni scatto è un incontro: con un volto, con una luce, con un paesaggio, con me stesso. E ogni fotografia che conservo è una piccola testimonianza di ciò che ho vissuto, di ciò che mi ha toccato, di ciò che ho voluto fermare per sempre.
Forse è questo, in fondo, il senso profondo della mia passione: la possibilità di far volare chi guarda, anche solo per un istante. Di regalare un’emozione, di aprire una finestra su un mondo che altrimenti resterebbe invisibile. Di dire, senza parlare: “Guarda. Senti. Vivi.”